Cassazione: multe nulle se l’autovelox non è omologato- facsimile ricorso autovelox

Cassazione: multe nulle se l’autovelox non è omologato

Sono illegittime, e quindi nulle, le multe per eccesso di velocità elevate con autovelox approvati ma non omologati.

Con la sentenza 10505/2024, depositata il 19 aprile, la Corte di Cassazione ha ritenuto illegittime le multe per eccesso di velocità elevate con autovelox approvato ma non anche omologato. La questione non è nuova. Il Ministero, infatti ha sempre equiparato approvazione ed omologazione.

La Corte, al contrario, ritiene approvazione ed omologazione due concetti diversi, ma necessari entrambi perchè gli accertamenti siano validi. La Corte esamina la normativa, partendo dall’art. 142 c.d.s che parla solo di “apparecchiature debitamente omologate”, mentre è l’art. 192 del regolamento di esecuzione del CdS, che contempla distinte attività e funzioni dei procedimenti di approvazione e di omologazioni. Il procedimento di approvazione, per la Corte, è un passaggio autonomo e propedeutico all’omologazione, che è, quindi, processo autonomo e distinto dall’approvazione.

L’omologazione ministeriale, continua la Corte, autorizza la riproduzione in serie di un apparecchio testato in laboratorio, con attribuzione della competenza al Ministero per lo sviluppo economico, mentre l’approvazione consiste in un procedimento che non richiede la comparazione del prototipo con caratteristiche ritenute fondamentali o con particolari prescrizioni previste dal regolamento.

L’omologazione, quindi, consiste in una procedura che pur essendo amministrativa ha anche natura
necessariamente tecnica e tale specifica connotazione risulta finalizzata a garantire la perfetta funzionalità e la precisione dello strumento elettronico da utilizzare per l’attività di accertamento da parte del pubblico ufficiale legittimato, requisito, questo, che costituisce l’indispensabile condizione per la legittimità dell’accertamento stesso.

Il ricorso

Per contestare un’infrazione al Cds è possibile proporre ricorso al Prefetto, direttamente o tramite l’organo accertatore, o al Giudice di Pace.

Il ricorso al Prefetto, direttamente o tramite l’organo accertatore, è il più semplice e non prevede il pagamento di alcuna somma. E’ indirizzato all’organo gerarchicamente superiore dell’organo accertatore e, dunque, non ha natura imparziale. Non prevede udienze, ma il ricorrente può chiedere l’audizione personale. Deve essere presentato entro sessanta giorni dalla notifica del verbale all’organo accertatore o direttamente al Prefetto, tramite pec o raccomandata con ricevuta di ritorno.

Il Prefetto esamina il ricorso e decide in base alle motivazioni ed ai documenti ad esso allegati:

  • ricorso non accolto: il Prefetto emette una ordinanza – ingiunzione con la quale stabilisce una sanzione pecuniaria pari almeno alla metà del massimo della sanzione edittale (nella maggior parte dei casi la multa almeno raddoppia);
  • ricorso accolto: il Prefetto emette una ordinanza con la quale stabilisce l’archiviazione (annullamento) del verbale di contravvenzione che estingue sia le sanzioni pecuniarie indicate sul verbale, sia le eventuali sanzioni accessorie.

L’ordinanza ingiunzione deve essere emessa entro 180 giorni dalla presentazione del ricorso, se presentato all’organo accertatore o 210 giorni se presentato direttamente al Prefetto, e deve essere notificata entro 150 giorni dalla sua adozione. Contro l’ordinanza-ingiunzione è possibile ricorre al Giudice di Pace entro trenta giorni dalla notifica.

E’ una causa vera e propria che segue i dettami del codice di procedura civile. Pur non essendo necessaria l’assistenza di un avvocato, è necessario conoscere la procedura di un processo e tenere presente che l’organo accertatore sarà quasi sicuramente difeso da un legale. I costi dipendono del contributo unificato: fino a 1.100 € il contributo unificato è pari ad € 43; superiore a 1.100 € e fino a 5.200 € il contributo unificato è pari ad € 98; oltre è pari a € 237. E’, poi, da considerare che le sentenze del GdP sono impugnabili fino in Cassazione, con lievitazione dei costi e la necessaria assistenza di un legale.

Mettiamo a disposizione un facsimile di ricorso avverso multe per eccesso di velocità predisposto per contestare la non omologazione dell’apparecchiatura. Il facsimile andrà compilato, oltre che con i propri dati, con il numero del verbale, la data di notifica, modello e targa autoveicolo, luogo dell’infrazione.

Detrazione Iva per le fatture a cavallo d’anno

Le regole da seguire per esercitare il diritto a detrazione.

Ai sensi dell’art.19 n.1 DPR 633/1972, la detrazione dell’Iva sugli acquisti può essere esercitata al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui è sorto il relativo diritto.

Il momento dal quale è possibile esercitare il diritto alla detrazione è da rinvenirsi nel momento in cui “l’imposta diventa esigibile”.

Facendo propri i principi espressi dalla Corte di giustizia UE, la circolare 1/E 2018 ha chiarito che «il dies a quo da cui decorre il termine per l’esercizio della detrazione deve essere individuato nel momento in cui
in capo al cessionario/committente si verifica la duplice condizione: i) (sostanziale) dell’avvenuta esigibilità dell’imposta e ii) (formale) del possesso di una valida fattura redatta conformemente alle disposizioni di cui all’articolo 21 del d.P.R. n. 633
/72.”.

É da tale momento che il soggetto passivo può operare, previa registrazione della fattura secondo le modalità previste dall’art. 25, primo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, la detrazione dell’imposta assolta sugli acquisti al più tardi entro la dichiarazione relativa all’anno in cui è sorto il diritto.

Diventa, dunque, di fondamentale importanza determinare quando la fattura è ricevuta, quando si è in possesso della fattura elettronica. Lo SDI tiene memoria ed indica nel riepilogo delle fatture ricevute in un dato periodo, la data in cui la fattura è stata consegnata dal sistema – e, quindi, ricevuta dal cessionario.

Se la fattura non viene recapitata, il sistema comunicherà al cedente la mancata consegna e depositerà la fattura in una sezione specifica (Fatture messe a disposizione) dell’area riservata del cessionario. La data di consegna sarà, in tali casi, la data di presa visione. E’ del tutto evidente come il soggetto passivo ricevente non possa ritardare indiscriminatamente la presa visione per dilatare il termine per l’esercizio della detrazione, quantomeno perchè a conoscenza dell’effettuazione dell’operazione ed anche, nella maggior parte dei casi, perchè in possesso della copia di cortesia (che nessun valore ha ai fini fiscali).

Per le fatture a cavallo d’anno possiamo avere i seguenti casi:

  1. la fattura è dell’anno x ed è ricevuta nello stesso anno x. La detrazione può essere esercitata al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno x, da inviarsi entro il 30.04 dell’anno x+1.
    • Se la registrazione della fattura è eseguita entro l’anno x, la detrazione viene esercitata nella liquidazione periodica di competenza e l’operazione viene convogliata nella dichiarazione Iva.
    • Se invece, la fattura è registrata nell’anno x+1 in apposito sezionale, imponibile e imposta vanno indicati direttamente nel quadro VF della dichiarazione relativa all’anno x, senza, ovviamente, far confluire l’operazione anche nella liquidazione periodica del mese/trimestre di registrazione.
  2. se la fattura dell’anno x viene recapitata dallo Sdi nell’anno x+1, la detrazione dell’imposta avverrà nella liquidazione corrispondente al periodo di registrazione, oppure, al più tardi, direttamente nella dichiarazione Iva relativa all’anno x+1, da presentarsi entro il 30 aprile dell’anno x+2.

Una volta spirato il termine per la detrazione previsto dalla norma, il contribuente può recuperare l’imposta mediante una dichiarazione integrativa. Tale rimedio è esperibile solo per correggere errori od omissioni e non anche in caso di ritardo nell’annotazione della fattura di acquisto. E’ necessario, cioè, aver ricevuto e registrato la fattura nei termini.

Dal 2024 iva e ritenute di lavoro autonomo rinviabili se inferiori a 100 euro

Dal 2024 iva e ritenute di lavoro autonomo rinviabili se inferiori a 100 euro. Nuove scadenze fiscali

Con il via libera del CDM del 19 dicembre al decreto legislativo sulle semplificazioni, dal 2024 sale da 25,82 a 100 euro l’importo minimo dell’iva derivante dalla liquidazione il cui pagamento è possibile rinviare al periodo successivo. Sarà anche possibile rinviare il pagamento delle ritenute d’acconto sul lavoro autonomo se inferiori a 100 euro. Nuove scadenze per le dichiarazioni.

Dal 2024 se l’importo dovuto dalle liquidazioni Iva mensili o trimestrali , non supererà il limite di 100 euro (attualmente fissato a 25,82 euro), il versamento sarà effettuato insieme a quello relativo al mese o trimestre successivo e comunque entro il 16 dicembre dello stesso anno . Le liquidazioni di gennaio 2024 o del I° trimestre saranno le prime caratterizzate dalla novità.

Sul fronte delle ritenute su lavoro autonomo, a partire dal 2024 sarà possibile, ma non obbligatorio, rinviare al mese successivo e, comunque, entro il 16 dicembre dello stesso anno. Le ritenute relative al mese di dicembre andranno comunque versate entro il 16 gennaio, qualunque sia il loro importo.

Il decreto riscrive le scadenze di trasmissione delle dichiarazioni, unificando il termine di trasmissione al 30 settembre per redditi e 730; attualmente il modello 730 va presentato entro il 30.09 mentre il modello redditi entro il 30.11.

Nuova scadenza per il versamento a rate di saldo e acconto al 16 di ciascun mese, con l’aggiunta della scadenza del 16 dicembre. Vengono uniformate le scadenze per titolari e non titolari di partita IVA e in ambedue i casi le rate delle imposte sui redditi andranno versate entro il giorno 16 di ciascun mese, con l’aggiunta della nuova scadenza del 16 dicembre.

Nessun invio mensile al sustema TS. Il decreto statuisce che, a partire dal 2024, l’invio sarà semestrale. Prima scadenza gennaio 2024 con l’invio dei dati relativi al secondo semestre 2023.

Titolare effettivo: il TAR sospende il decreto

Titolare effettivo: il TAR sospende il decreto.

Con l’ordinanza 8083/2023 del 7.12.2023 il TAR Lazio, accogliendo l’istanza cautelare richiesta dai ricorrenti (diverse società fiduciare, alcuni trust company, diversi trust, anche stranieri, e le rispettive organizzazioni di categoria) ha sospeso il termine già fissato nella data dell’11 dicembre 2023 per la comunicazione del Titolare Effettivo.

Nell’ordinanza i giudici accolgono la richiesta di sospensiva dell’efficacia del decreto del ministero delle Imprese e del made in Italy (Mimit) che ha fissato le regole attuative per la trasmissione dei dati del titolare effettivo alle Camere di commercio e la cui pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il 09.10.2023 ha fatto scattare il termine dei 60 giorni che sarebbero scaduti l’11 dicembre, considerato che l’8 è festivo.

Riconoscono che l’istanza di sospensione è assistita dal requisito del fumus boni iuris considerato “che le plurime e articolate censure formulate da parte ricorrente presentino profili di complessità, involgenti anche questioni di compatibilità eurounitaria, che richiedono un approfondimento nella più appropriata
sede di merito
.” E’, altresì, assistita dal requisito del periculum in mora ” tenuto conto della rilevanza delle situazioni giuridiche suscettibili di essere incise, in modo irreparabile, dall’imminente scadenza del termine per l’adempimento degli obblighi di comunicazione […]”. Fissando al 27 marzo 2024 l’udienza per il merito.

I ricorrenti si sono rivolti al TAR per vedere affermato che i mandati fiduciari di cui alla legge 1966/1939 non rientrano nella categoria degli istituti giuridici affini al trust e pertanto non sono oggetto di un’autonoma comunicazione al registro dei titolari effettivi, nonchè per meglio definire i limiti dell’accesso al citato registro da parte di intermediari, professionisti e più in generale da parte dei terzi.

Nella stessa data una nota congiunta di commercialisti, avvocati e notai chiedeva al governo una proroga del termine per l’adempimento, tenuto conto sia delle difficoltà riscontrate vuoi nell’individuazione dei soggetti legittimati ad effettuare l’adempimento (curatori fallimentari, commissari giudiziali, collegio sindacale) vuoi nell’individuazione del titolare effettivo in determinate fattispecie.

Fattura elettronica per tutti dal 1 gennaio 2024

Fattura elettronica per tutti dal 1 gennaio 2024

A partire dal 1° gennaio 2024, l’art. 18 del D.L. n. 36/22 ha esteso l’obbligo di fatturazione elettronica a tutti i soggetti finora esclusi.

A far data dal 1 gennaio 2024, i contribuenti forfettari, quelli in regime di vantaggio e coloro che hanno esercitato l’opzione di cui agli art.t. 1 e 2 della legge 398/1991, dovranno emettere fatture solo elettroniche. L’art. 18 del D.L. 36/2022 ha, infatti, espunto l’esonero riservati a tali soggetti dal D.Lgs. 127/2015, a far data dal 01.07.2022 per coloro che, nell’anno d’imposta 2021, abbiano superato il limite di 25.000 € di ricavi o compensi percepiti, e dal 1 gennaio 2024 per i restanti soggetti.

Resta in vigore il divieto di fatturazione elettronica in capo ai soggetti che emettono fatture a persone fisiche per prestazioni sanitarie. Pertanto, quei soggetti forfettari che operano nel settore sanitario ma non fatturano prestazioni sanitarie a persone fisiche avranno l’obbligo di fatturazione elettronica.

E’ utile ricordare che il divieto di fatturazione elettronica per le prestazioni sanitarie a persone fisiche fu introdotto a seguito delle criticità evidenziate dal Garante della Protezione dei dati personali, in merito alla comunicazione dei dati dei cittadini in materia di salute. Ad oggi non risulta che le criticità evidenziate sul fronte della gestione dei dati sensibili, che hanno portato all’esonero della fatturazione elettronica per medici ed operatori sanitari, siano state risolte.

Per la fatturazione elettronica è possibile avvalersi:

  • del servizio gratuito messo a disposizione dall’agenzia delle entrate, all’interno dell’area riservata;
  • di uno dei servizi terzi presenti sul mercato.

Lo Studio mette a disposizione dei propri clienti una piattaforma di fatturazione elettronica gestita da società leader di mercato.

Cumulo contributivo

Cumulo contributivo

 Il cumulo dei periodi assicurativi è un meccanismo particolare, in aggiunta alla ricongiunzione e alla totalizzazione, per valorizzare la contribuzione mista, ovvero quella contribuzione accreditata in più casse della previdenza obbligatoria frutto di carriere lavorative discontinue.

Cos’è

Il cumulo contributivo è un meccanismo che permette ai lavoratori di cumulare i periodi assicurativi accreditati presso differenti gestioni previdenziali, in forma del tutto gratuita, per il riconoscimento di un’unica pensione da liquidarsi secondo le regole di calcolo previste da ciascun fondo e sulla base delle rispettive retribuzioni di riferimento.

Il cumulo è un meccanismo particolare, in aggiunta alla ricongiunzione e alla totalizzazione, per valorizzare la contribuzione mista, ovvero quella contribuzione accreditata in più casse della previdenza obbligatoria frutto di carriere lavorative discontinue .

Requisiti

Il cumulo contributivo è esercitabile dai lavoratori iscritti a due o più forme di assicurazione obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstiti dei lavoratori dipendenti, autonomi (commercianti, artigiani, coltivatori diretti e mezzadri) e dagli iscritti alla gestione separata dell’Inps, oltre che dagli iscritti alle forme sostitutive ed esclusive della medesima (ex Inpdap, ex Enpals, Fondo Volo, Fondo Elettrici, Fondo Telefonici eccetera) nonché anche dagli iscritti alle casse professionali (es. Cassa Forense, Cassa dei Dottori Commercialisti eccetera). Può avvalersi del cumulo, poi, chi possiede un autonomo diritto alla pensione (senza aver conseguito il trattamento) in una o più gestioni interessate dal cumulo.

Per poter usufruire del cumulo contributivo è necessario che gli assicurati non risultino già titolari di un trattamento pensionistico diretto in una delle gestioni interessate dal cumulo stesso (comprese le casse professionali).

Nella generalità dei casi, il cumulo non determina penalizzazioni sulla pensione, o il ricalcolo con il sistema contributivo.

Ente istruttore

La domanda di pensione in cumulo va presentata presso l’Ente di ultima iscrizione dell’assicurato. In caso di ultima iscrizione a più Casse è l’assicurato a scegliere a quale di esse inoltrare la domanda. Per la pensione di reversibilità da cumulo la domanda è presentata all’INPS.

Calcolo della pensione in regime di cumulo

Ogni gestione calcola la quota di propria competenza, in base all’anzianità contributiva dell’interessato o all’adesione ad eventuali opzioni. I periodi coincidenti concorrono a determinare la misura della quota.

Pagamento

Per espressa previsione normativa, il pagamento della pensione è effettuato dall’Inps.

Crediti Irpef: i termini di prescrizione.

Crediti Irpef: i termini di prescrizione.

Come ed entro quando richiedere il rimborso dei crediti irpef da dichiarazione e da eccedenza di versamento.

I crediti da dichiarazione.

Qualora dalla predisposizione della dichiarazione dei redditi risulti un credito irpef a favore del contribuente, detto credito sarà esposto nei righi 163 o 164 del mod. 730/2023 ovvero nel quadro RX del modello redditi. Il termine di prescrizione per l’esercizio del diritto al rimborso è di 10 anni a partire dalla data di invio della dichiarazione.

E’ bene sapere che l’Amministrazione finanziaria può sempre, entro il termine di prescrizione, opporre eccezioni alla richiesta di rimborso, senza che abbia adottato alcun provvedimento, e ciò perchè il credito evidenziato in dichiarazione non si consolida per lo spirare del termine entro cui l’AF può esercitare i poteri di accertamento, secondo il principio del “quae temporalia ad agendum, perpetua ad excepiendum.” (cfr. Cassazione 2416/2021).

Modello 730

Nel caso di presentazione del modello 730 il credito viene rimborsato dal sostituto d’imposta, e, solo in casi residui vi potrà essere un credito non incassato dal contribuente, totalmente o parzialmente.

Modello redditi.

Nel caso di presentazione del modello redditi il credito emergente dalla dichiarazione sarà esposto nel quadro RX, e potrà essere utilizzato:

  • totalmente in compensazione
  • totalmente a rimborso
  • parte in compensazione e parte a rimborso

Se il credito viene richiesto a rimborso, totalmente o parzialmente, compilando l’apposita casella del quadro RX, il contribuente deve solo attendere il bonifico da parte dell’Agenzia delle Entrate, accertandosi di aver comunicato il proprio Iban tramite l’apposita sezione del proprio cassetto fiscale. In mancanza di detta comunicazione, il contribuente riceverà un vaglia postale. La presentazione, in qualsiasi momento, di un sollecito interrompe la prescrizione e la fa nuovamente decorrere daccapo.

I crediti da eccedenze di versamento

Nel caso di eccedenze di versamento rispetto al dovuto, il termine per richiedere il rimborso dell’eccedenza è di 48 mesi dal versamento. Trasmessa in questi termini la richiesta di rimborso, inizia a decorrere la prescrizione decennale, che può essere interrotta con un sollecito, facendola decorrere da capo.

La richiesta di rimborso

Se la richiesta di rimborso viene accolta, l’Agenzia delle Entrate provvederà a bonificare l’importo richiesto sull’Iban precedentemente comunicato o, in mancanza, a mezzo assegno postale.

Se la richiesta viene respinta è possibile che l’Agenzia:

1 – notifichi un provvedimento di diniego del rimborso, impugnabile nei 60 giorni dalla notifica presso la Corte di Giustizia Tributaria di I° grado.

2- non notifichi nulla: si è formato, trascorsi 90 giorni dalla notifica della richiesta di rimborso, il silenzio-rifiuto, impugnabile, anch’esso, nei successivi 60 giorni, presso la Corte di Giustizia Tributaria di I° grado.

Il prestito vitalizio ipotecario

Il prestito vitalizio ipotecario

Il prestito vitalizio ipotecario, introdotto dal D.L. 203/2005 e modificato dalla Legge 44/2015, è una soluzione appositamente pensata per gli over 60 che necessitano di liquidità e sono proprietari di un immobile. Appare come un’ottima alternativa alla cessione della nuda proprietà.

Cos’è

Il prestito ipotecario vitalizio è un particolare tipo di finanziamento riservato a chi ha più di 60 anni, garantito da ipoteca su un immobile residenziale la cui durata, in generale, coincide con la vita del sottoscrittore. Può essere concesso anche congiuntamente a più persone, purchè tutte dell’età prevista. Se il prestito è concesso a più persone il rimborso integrale può essere richiesto solo al momento della morte del più longevo dei contraenti.

Questo strumento di finanziamento rappresenta una ottima alternativa alla vendita della nuda proprietà poiché consente a chi lo sottoscrive di continuare ad abitare nell’immobile senza perderne la proprietà. Viene infatti lasciata agli eredi la facoltà di decidere come rimborsare il prestito e di conseguenza cosa fare dell’immobile dato in garanzia.

Come funziona

Il rimborso è in unica soluzione:

  • 1) al momento della morte del soggetto finanziato (o del più longevo dei soggeti finanziati);
  • 2) qualora vengano trasferiti proprietà o diritti reali o di godimento sull’immobile dato in garanzia;
  • 3) qualora si compiano atti che riducano il valore del bene;
  • 4) qualora si costituiscano diritti reali di garanzia in favore di terzi che vadano a gravare sull’immobile.

E’ prevista la capitalizzazione annuale degli interessi, ma il soggetto finanziato può accordarsi con il finanziatore per rimborsare gradualmente in vita gli interessi e le spese, evitandone così la capitalizzazione annuale, e consentendo ai suoi eredi di dover rimborsare unicamente la somma capitale. In pratica il soggetto finanziato non deve rimborsare nulla alla banca fino a che resta in vita, poiché l’obbligo di rimborso graverà sui suoi eredi.

I requisiti

Possono richiedere il prestito ipotecario vitalizio tutte le persone fisiche che abbiano compiuto 60 anni di età ed abbiano un immobile destinato a civile abitazione da dare in garanzia con iscrizione di ipoteca di primo grado. Se tali persone fisiche sono coniugate o uniti civilmente da almeno 5 anni nel suddetto immobile, il relativo contratto di finanziamento deve essere sottoscritto da entrambi, anche se l’immobile è di uno solo, a condizione, però, che anche l’altro partner abbia compiuto 60 anni di età.

Le tutele per gli eredi

A tutela degli eredi è previsto che entro 12 mesi dalla morte del soggetto finanziato, i suoi eredi devono rimborsare integralmente il finanziamento o, d’accordo con il finanziatore, provvedere alla vendita della casa.

Trascorso tale periodo, il finanziatore ha facoltà di vendere la casa, senza necessità di dover ricorrere a un’ordinaria procedura esecutiva giudiziaria, al prezzo determinato da un perito indipendente soddisfacendo il suo credito e corrispondendo l’eventuale eccedenza agli eredi. Trascorsi altri 12 mesi senza che la vendita si sia conclusa, il prezzo si ridurrà ogni anno del 15%, fino a quando la casa non sia venduta.

Se il ricavato della vendita, al netto delle spese sostenute, non coprirà il credito della banca, la banca nulla potrà chiedere agli eredi.

Se, di contro, il prezzo ricavato fosse superiore all’importo dovuto alla banca, l’eccedenza andrà riconosciuta in favore degli eredi.

Bonus barriere architettoniche

Bonus barriere architettoniche

Cos’è

La normativa tributaria prevede agevolazioni per coloro che effettuano interventi volti a superare e ad eliminare le barriere architettoniche in edifici già esistenti, inclusi gli interventi per l’automazione degli impianti degli edifici e delle singole unità immobiliari.

Quali interventi

Gli interventi devono rispettare i requisiti previsti dal DM 236/1989, che detta le prescrizioni tecniche al fine del superamento delle barriere architettoniche.

Gli interventi possono essere realizzati sia sulle parti comuni che sulle singole unità abitative e si riferiscono a diverse categorie di lavori quali, ad esempio, la sostituzione di finiture (pavimenti, porte, infissi esterni, terminali degli impianti), il rifacimento o l’adeguamento di impianti tecnologici (servizi igienici, impianti elettrici, citofonici, impianti di ascensori), il rifacimento di scale ed ascensori, l’inserimento di rampe interne ed esterne agli edifici e di servoscala o di piattaforme elevatrici. Non è necessaria la presenza di un disabile nell’immobile oggetto degli interventi. (circolare Agenzia delle Entrate del 28.07.2022 paragrafo Lavori finalizzati all’eliminazione delle barriere architettoniche pag.39).

Come e quando

Per le spese sostenute tra il 1 gennaio 2022 ed il 31 dicembre 2025, viene riconosciuta una detrazione del 75% ripartita in 5 quote annuali di pari importo, nella dichiarazione dei redditi dell’anno di sostenimento della spesa e di quelli successivi.

La spesa massima su cui calcolare la detrazione è:

  • 50.000 euro, per gli edifici unifamiliari o per le unità immobiliari situate all’interno di edifici plurifamiliari che siano funzionalmente indipendenti e dispongano di uno o più accessi autonomi dall’esterno;
  • 40.000 euro, moltiplicati per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio, per gli edifici composti da due a otto unità immobiliari;
  • 30.000 euro, moltiplicati per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio, per gli edifici composti da più di otto unità immobiliari.

Dal 17 febbraio 2023 non è più prevista la cessione del credito o lo sconto in fattura.

Investimenti nel Mezzogiorno: al via le domande

Investimenti nel Mezzogiorno: al via le domande

A partire dall’8 giugno è possibile la trasmissione telematica delle istanze per richiedere il credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno per le spese sostenute nel 2023.

Nel nuovo modello è possibile indicare solo gli investimenti eseguiti nel 2023; non sono più riportabili, quindi, gli investimenti fatti nelle annualità precedenti. Ciò vuol dire che quelle imprese che hanno la necessità di rettificare il credito d’imposta eventualmente già concesso nel corso del 2022, e che lo hanno maturato solo nel 2023, dovranno presentare due modelli: un primo modello rettificativo del precedente modello, per rettificare in diminuzione il credito d’imposta già concesso, ed un secondo per richiedere il credito d’imposta per gli investimenti effettuati nel 2023.

Per gli investimenti effettuati nel 2022, la domanda va presentata entro il 31 dicembre 2023. Per gli investimenti effettuati a partire dal 1 gennaio 2023 la domanda va presentata entro il 31 dicembre dell’anno successivo all’effettuazione dell’investimento.

Il credito d’imposta, se concesso, può essere utilizzato solo in compensazione a partire dal 5 giorno successivo all’autorizzazione alla fruizione da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Sono agevolabili gli acquisti di beni strumentali nuovi (macchinari, impianti e attrezzature varie) destinati a impianti produttivi già esistenti o che vengono impiantati nelle regioni del mezzogiorno (Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia).

Possono accedere al credito d’imposta gli investimenti in beni strumentali per la creazione di un nuovo stabilimento, l’ampliamento della capacità di uno stabilimento esistente, la diversificazione della produzione di uno stabilimento per ottenere prodotti mai fabbricati prima, un cambiamento fondamentale del processo produttivo complessivo di uno stabilimento esistente.